Giovedì 17 Febbraio 2022 - Video conferenza online

Quer Pasticciaccio Brutto de Via Merulana - di C.E. Gadda


Conferenza ONLINE
del Salotto Conti

 

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a partire dalle ore 21:00
Giovedì 17 
Febbraio 2022

In programma la discussione su:

Quer Pasticciaccio Brutto de Via Merulana
di Carlo Emilio Gadda

Quer Pasticciaccio Brutto de Via Merulana

Autore:         Carlo Emilio Gadda
Curatore:     Giorgio Pinotti
Editore:        Adelphi
Collana:        Biblioteca Adelphi
Anno edizione:       2018
In commercio dal: 13 novembre 2018
Pagine:         380 p., Brossura
EAN:              9788845933066

 
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Una prima versione del romanzo, incompleta, apparve su rivista nel 1946, una seconda, riscritta e ampliata ma pur sempre inconclusa, nel 1957. Grazie alle carte d’autore è tuttavia possibile oggi chiarire in gran parte l’enigma finale. Con una nota al testo, che ricostruisce anche la filologia del romanzo, di Giorgio Pinotti, Adelphi torna a pubblicare uno dei capolavori della letteratura italiana.

«Tutti oramai lo chiamavano don Ciccio. Era il dottor Francesco Ingravallo comandato alla mobile: uno dei più giovani e, non si sa perché, invidiati funzionari della sezione investigativa: ubiquo ai casi, onnipresente su gli affari tenebrosi».

Nel giro di pochi giorni, nel marzo del 1927, un furto di denaro e gioielli ai danni di una svaporata e fantasiosa vedova, la contessa Menegazzi, e poi l’omicidio della ricca, splendida e malinconica Liliana Balducci, sgozzata con ferocia inaudita, incrinano la decorosa quiete di un grigio palazzo abitato da pescecani, in via Merulana, come se una «vampa calda, vorace, avventatasi fuori dall’inferno» l’avesse d’improvviso investito - una vampa di cupidigia e brutale passione. Indaga su entrambi i casi, forse collegati, Francesco Ingravallo, perspicace commissario-filosofo e segreto ammiratore di Liliana: ma la sua livida, rabbiosa determinazione, il suo prodigioso intuito per il «quanto di erotia» che ogni delitto nasconde e le pressioni di chi pretende a ogni costo un colpevole da dare in pasto alla «moltitudine pazza» non basteranno ad aver ragione del disordine e del Male. L’inchiesta sui torbidi misteri del «palazzo dell’Oro» gli concederà, al più, la medesima, lacerante cognizione del dolore di Gonzalo Pirobutirro. Giallo abnorme, temerario, enigmatico, frutto della irresistibile attrazione che su Gadda esercitavano il romanzo e i crimini tenebrosi ma insieme di una tensione conoscitiva che finisce per travolgere ogni possibile plot, il Pasticciaccio è anche il ritratto di una città e di una nazione degradate dalla follia narcisistica del Tiranno, dove si riversa a ondate tumultuose una realtà perturbata e molteplice - e dove, a rappresentarla, sono convocate, in uno sforzo immane, tutte le risorse della nostra lingua, dei dialetti, delle scienze e delle tecniche.

Carlo Emilio Gadda

Libri di Carlo Emilio Gadda

 

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(Milano 1893 - Roma 1973) scrittore italiano. La vita e le opere Nella città natale fece tutti i suoi studi, fino a quelli di ingegneria. Combattente nella prima guerra mondiale, fu fatto prigioniero e trasse da queste esperienze un Giornale di guerra e di prigionia, pubblicato più tardi (1955). Negli anni Venti svolse la professione di ingegnere, in Italia e all’estero, collaborando nel frattempo alla rivista fiorentina «Solaria», nelle cui edizioni pubblicò gran parte delle sue prime opere narrative: La Madonna dei filosofi (1931) e Il castello di Udine (1934). Da Milano, dov’era tornato a stabilirsi, si trasferì nel 1940 a Firenze, e qui risiedette quasi ininterrottamente fino al 1950. Visse da allora a Roma, dove lavorò per il terzo programma radiofonico fino al 1955. A partire dagli anni Quaranta G. venne pubblicando le opere che lo hanno imposto come una delle grandi personalità letterarie del Novecento italiano: L’Adalgisa. Disegni milanesi (1944), affresco satirico della borghesia meneghina agli inizi del secolo, corredato di note che svolgono un controcanto saggistico; Il primo libro delle favole (1952); Novelle dal ducato in fiamme (1953, premio Viareggio), grottesca rappresentazione dell’ultimo periodo fascista; Quer pasticciaccio brutto de via Merulana (1957, ma già apparso su «Letteratura» nel 1946-47), un «giallo» ambientato nei primi anni del fascismo, tra satira e tragedia; i saggi, le note autobiografiche, le divagazioni, raccolte in I viaggi la morte (1958) e Le meraviglie d’Italia (1964, con sostanziali modifiche rispetto alla prima edizione del 1939); I racconti. Accoppiamenti giudiziosi 1924-58 (1963); La cognizione del dolore (1963, ma già pubblicato «a tratti» su «Letteratura», nel 1938-41), una storia sarcastica e disperata, sottilmente autobiografica, sullo sfondo di una Lombardia travestita da Sudamerica; Eros e Priapo: da furore a cenere (1967), un romanzo-saggio sul fascismo. Ha completato successivamente la bibliografia gaddiana (ricca di altre opere minori) la pubblicazione del primo romanzo scritto da G., La meccanica (1970) e di altri inediti dei suoi primi anni di attività letteraria (Novella seconda, 1971; Meditazione milanese, 1974; Romanzo italiano di ignoto del Novecento, 1983). L’arte sperimentale di Gadda G. ha profondamente rinnovato la narrativa italiana di questo secolo attraverso l’utilizzazione di geniali miscugli di dialetti, gerghi, tecnicismi e linguaggi diversi, e un continuo, imprevedibile stravolgimento delle strutture romanzesche tradizionali. Nutrito di cultura umanistica e scientifica e di ribollenti umori, di passione morale e civile e di un personale freudismo (tutti momenti di cui si sostanzia, fra l’altro, il suo odio contro il fascismo), di sarcasmo ma anche di pietà verso l’uomo, di private angosce e di intimo interesse per gli altri, G. si può considerare al tempo stesso un grande scrittore sperimentale e un classico. Suoi capolavori sono considerati Quer pasticciaccio brutto de via Merulana e La cognizione del dolore. Nel Pasticciaccio, servendosi di un genere popolare, il giallo, attraverso un prodigioso impasto linguistico e stilistico (con molti omaggi al romanesco di G.G. Belli), G., senza scegliere tra pietà e derisione, descrive uno spazio strapieno, zeppo di sgradevoli suoni e odori, di oltraggi esistenziali, di mattane storiche, di orrori biologici che si concentrano, «inopinate catastrofi», a orchestrare la follia. Una parola chiave in molte varianti percorre il romanzo: nodo, groppo, groviglio, gomitolo, gliuommero, ossia «pasticciaccio»: un garbuglio di cause che debilita la ragione del mondo. E G. non poteva scegliere metafora più adatta per indicare un efferato delitto, e un luogo più idoneo − per l’ambientazione − dell’urbe capitolina, dove il male oscuro si scenografa in una realtà demenziale e feroce: il fascismo, la morte, il lenocinio, il furto, le sozzure di bestie e di uomini.Composizione a struttura tematica, giocata su una complessa tastiera stilistica, ma nella quale predomina un acceso lirismo che si condensa infine nella figura materna, La cognizione è soprattutto una tragicommedia catartica. Autobiografia appena coperta dalle suggestioni grottesche di un immaginario paese latinoamericano che svela subito la toponomastica brianzola e la proiezione dell’autore nell’hidalgo Don Gonzalo Pirobutirro, l’opera è inoltre un’atroce e beffarda confessione mitica: nelle figure agoniche del reduce e della madre, il rapporto nevrotico diventa metafora universale di pena, «il male invisibile» che investe tutte le cose. Intriso di sarcasmo e dolore, il romanzo ha tuttavia la forza trascinante della liberazione, la capacità di ribaltare in poesia i rancori e le coazioni.



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