Credevo Wanli detentore del mistero tramandato a gesti e a parole di quel pensiero che, a ritroso fino al momento in cui l’uomo aveva emesso il primo vagito, conserva l’essenza del distacco da Dio.
Un’avventura straordinaria da Macerata a Roma, dal Portogallo agli avamposti europei in Asia; la lenta penetrazione nel territorio cinese per giungere a Pechino presso la corte degli imperatori Ming. Il gesuita Matteo Ricci (1552-1610) seppe superare ostilità e diffidenza, riuscendo infine a gettare ponti di dialogo intensissimo tra Occidente e Oriente: i suoi planisferi svelarono ai Cinesi la via per mondi sconosciuti, la sua profonda conoscenza della cultura greco-romana servì da chiave interpretativa per i testi di Confucio, le sue traduzioni in mandarino di testi di filosofia, matematica e astronomia conquistarono gli studiosi più illustri della Cina.
Papa Benedetto XVI stesso ha lodato la sua opera, “tesa a ricercare la possibile armonia fra la nobile e millenaria civiltà cinese e la novità cristiana”.
In occasione del quarto centenario della morte del Ricci, l’autrice ne ripercorre le vicende lungo le pagine di un diario immaginario, mettendo in primo piano la fede e lo slancio missionario di questo campione dell’amicizia tra i popoli.
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