8 aprile 2011

L’informazione e i giovani


Ieri sera al Salotto Conti, salotto letterario di Sesto Fiorentino, si è discusso de “L’informazione e i giovani”. Un dibattito tenuto da Piero Ceccatelli, responsabile della redazione de "La Nazione" di Prato, moderato dal giornalista Maurizio Ciampolini.
Ceccatelli ha aperto con una domanda rivolta al mondo dell’informazione. Come ci si informa? Cos’è cambiato oggi rispetto al passato? "Tutto e niente - ha affermato -. Tutto, perché l’universo dei mezzi di informazione si è rivoluzionato in pochissimo tempo. Da due canali Tv e tre per la radio, nei primi anni settanta, a centinaia di canali televisivi e radiofonici, per non contare il calderone di informazioni rappresentato da internet. Niente, perché i contenuti sono sempre gli stessi. Come se il giornale fosse quell’uomo di Quasimodo che è "ancora quello della pietra e della fionda". Per quanto gli involucri siano diversi, i contenuti non sono più adatti ai nuovi lettori, ai giovani".
Forse la colpa è proprio dei giornalisti, che scrivono più per loro stessi che pensando piuttosto all’ultima persona che li possa comprendere. Forse sono la scuola e la famiglia che non riescono, non tanto per incapacità, quanto perché per primi disinteressati, a dare ai ragazzi i giusti strumenti interpretativi per districarsi nel labirinto dell’informazione. Forse sono i giovani stessi che, fuggendo ogni fatica ed ogni impegno, trascurano la carta stampata.
Gianni Conti, scrittore e fondatore del Salotto Conti, ha accusato il giornalismo di avere un brutto colore, e per questo di rimanere indigesto. "Il giornalismo - ha detto - dovrebbe essere più affabulante, capace di attingere al linguaggio del romanzo per riuscire ad immedesimare il lettore in ciò che legge, coinvolgerlo, trascinarlo". Una riflessione questa accolta positivamente da Piero Ceccatelli, che tuttavia non ha resistito alla tentazione di ribadire la staticità della carta stampata, che contrasta con la gioventù dei nuovi lettori. Giornali vecchi necessariamente, se è vero che la prima pagina del “Corriere della sera” è più o meno la stessa da quarant’anni.
Molti gli interventi dal pubblico, formato per lo più da liceali e studenti universitari ma anche da insegnanti e intellettuali, dai quali è emerso che il giovane rispetto alla sua maturazione civile non ritrova nel quotidiano lo specchio della sua vita. O meglio, non ci si informa perché l’informazione non è libera, così come suggerisce la sua responsabilità nello stravolgimento dei campi semantici (immigrati diventa migranti e prostituta diventa escort, così come aborto diventava interruzione di gravidanza), che testimonia anche la subalternità del linguaggio alla politica egemone. Questo è innegabile, tutti i mezzi di comunicazione, che appaiono forieri della libertà espressiva individuale, sono in realtà assoggettati al potere.
La conclusione, ma anche il motivo per riflettere, è che siamo ancora lontani da quel giornale ideale che prima racconta i fatti in modo essenziale e solo dopo tenta una riflessione, da quel giornale ideale che ha poche pagine. Perché oggi i fatti, anche quelli di cronaca, vengono trasformati in fatti politici (il caso di Sarah Scazzi è uno dei più eclatanti), e il numero alto di pagine serve a veicolare la pubblicità in fondo.
Ma è pur vero che oggi, il compito che prima spettava solo o in gran parte al giornale, oggi pare avocato alle trasmissioni televisive pomeridiane che catturano grandi quantità di telespettatori, in numero molto più alto dei lettori di carta stampata.





     

 
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